Come misurare il rischio di un portafoglio

Come si misura il rischio un investimento? La moderna teoria di portafoglio ha diffuso una nozione del rischio come volatilità dei rendimenti: più volatile è sinonimo di più rischioso.

Si veda questo post per un’analisi del rischio inteso come deviazione standard dei rendimenti.

In realtà il vero rischio per un investitore potrebbe assumere connotati diversi, ad esempio quello di non raggiungere l’obiettivo di mettere da parte un certo capitale necessario per integrare la pensione, per comprare un appartamento o per mandare i figli all’università; tutti rischi che poco hanno a che fare con le oscillazioni di breve termine del valore del portafoglio.

In questo post vogliamo declinare il rischio di un investimento utilizzando misure del rischio stesso che un investitore possa più facilmente mettere in relazione con i propri obiettivi e i propri vincoli.

In particolare, un investitore potrebbe voler conoscere:

  • qual è la probabilità di perdita sul suo investimento
  • qual è la probabilità di non conseguire il rendimento necessario a raggiungere determinati obiettivi
  • qual è il massimo della perdita che, con ragionevole certezza, può attendersi in un determinato intervallo temporale

Per rispondere a queste domande introduciamo 3 concetti: il rischio di perdita, lo shortfall risk e il value at risk.

Assumeremo che i rendimenti siano distribuiti in modo normale e questo ci permetterà di semplificare la nostra discussione e di utilizzare solo due parametri: rendimento medio e deviazione standard.

Il rischio di perdita (risk of loss)

Possiamo cominciare chiedendoci qual è la probabilità che il rendimento di un portafoglio sia minore di zero in un determinato intervallo temporale.

La tabella sotto riporta la probabilità di perdita dopo un anno per portafogli con diverse combinazioni di rendimento atteso e volatilità. Come è lecito attendersi, all’aumentare del rendimento atteso e al diminuire della volatilità diminuisce la probabilità di rendimenti negativi.

Probabilità di perdita dopo un anno

Per calcolare questa probabilità abbiamo convertito la distribuzione con media μ e deviazione standard σ in una distribuzione standardizzata con media 0 e deviazione standard 1.

La probabilità di perdita in un determinato anno viene calcolata come:

dove μ è il rendimento atteso della distribuzione normale e σ è la deviazione standard.

E’ possibile trovare questo valore sulle tavole statistiche o con la funzione di Excel DISTRIB.NORM.ST.N(z ; VERO) che restituisce la probabilità del verificarsi di valori minori di z.

Ad esempio la probabilità di perdita ad un anno per un portafolio con rendimento atteso pari a 10% e volatilità 20% è pari a:

Se il rendimento atteso è positivo, la probabilità di perdita diminuisce all’aumentare del numero di anni per cui il portafoglio rimane investito.

Prendiamo ad esempio il caso di un portafoglio con rendimento atteso pari all’8% e volatilità pari al 20%.

Probabilità di perdita dopo n anni (con μ = 8% e σ = 20%).

Chi ha investito per un qualsiasi periodo di 20 anni nell’indice l’S&P 500, dal 1926 al 2015, ha ottenuto in tutti i casi un rendimento positivo; chi invece ha investito per un periodo di un solo anno ha ottenuto un rendimento positivo solo nel 73% dei casi.

Rendimento dell’indice S&P 500 su diversi intervalli (1926/2015).

Dunque l’analisi storica dei rendimenti dell’S&P 500 suggerisce che allungare l’orizzonte temporale è la più semplice ed efficace strategia per diminuire la probabilità di incorrere in perdite.

Shortfall risk

Lo shortfall risk misura il rischio che il rendimento sia inferiore ad una certa soglia minima accettabile per l’investitore.

Se una misura del rischio in termini di volatilità può aver poco a che fare con le aspirazioni dell’investitore, lo shortfall risk esprime invece il rischio concreto che l’investimento non generi il rendimento minimo necessario a raggiungere gli obiettivi dell’investitore stesso.

dove r è il rendimento desiderato, μ è il rendimento atteso, σ è la deviazione standard e T è il numero di periodi.

La probabilità di perdita non è che un caso particolare dello shortfall risk in cui viene posto r = 0.

Un approccio utilizzato per gestire lo shortfall risk è il Roy’s Safety-First criterion. L’obiettivo è selezionare il portafoglio che minimizza la probabilità che il rendimento scenda sotto il livello minimo accettabile. Il portafoglio che verrà scelto è quello con il maggior Safety-First ratio. Questo viene definito come:

dove E(Rp) è il rendimento atteso del portafoglio, RL è il rendimento minimo accettabile e σp è la deviazione standard del portafoglio.

Maggiore il Safety-First ratio minore sarà la probabilità di shortfall. Il Safety-First ratio indica in pratica quante deviazioni standard il rendimento minimo accettabile dista dal rendimento atteso del portafoglio.

Supponiamo di dover scegliere tra due portafogli:

Portafoglio A con rendimento atteso 8% e deviazione standard 5%;

Portafoglio B con rendimento atteso 15% e deviazione standard 20%. Fissiamo il rendimento minimo accettabile al 3%.

Tra i due portafogli verrà scelto quello con il Safety-First ratio maggiore, quindi il portafoglio A, il cui rendimento atteso dista di più, in termini di deviazioni standard, dal rendimento minimo accettabile. Se calcoliamo la probabilità di shortfall per il portafoglio A otteniamo infatti il 15.9%, mentre per il portafoglio B otteniamo il 27.4%.

Quando il rendimento minimo accettabile è il tasso risk-free, il safety first ratio coincide con lo Sharpe ratio.

Il Value at Risk (VAR)

Per Value at Risk si intende la massima perdita potenziale che un portafoglio può subire in un determinato periodo di tempo con una certa probabilità (anche detta livello di confidenza). Il livello di confidenza è in genere pari a 95% o 99%.

Dire che il VAR è 100 mila euro con un livello confidenza del 99% equivale a dire che nel 99% dei casi la perdita non supererà 100 mila euro. Nel restante 1% dei casi la perdita potrà eccedere 100 mila euro.

Dunque il VAR dipende da due parametri:

  • Il livello di confidenza scelto. C’è una relazione diretta tra livello di confidenza e Var; all’aumentare del livello di confidenza aumenta la perdita potenziale, ma diventa meno probabile. Intuitivamente, se considero una perdita potenziale maggiore, aumenta la probabilità che questa non venga superata.
  • L’intervallo di tempo considerato. Il VAR aumenta proporzionalmente alla radice quadrata dell’intervallo temporale considerato. Ad esempio il VAR a 2 giorni è uguale al VAR a 1 giorno moltiplicato per la radice quadrata di 2, quindi non è il doppio di quello a 1 giorno ma è solo il 41.4% maggiore.

Anche in questo caso viene calcolato lo scostamento dalla media in termini di deviazioni standard. Se voglio calcolare il VAR con una confidenza del 99% devo calcolare il numero di deviazioni standard da sottrarre alla media per lasciare alla mia sinistra solo l’1% dei rendimenti.

Per conoscere il numero di deviazioni standard utilizzo le tavole statistiche o la funzione di excel INV.NORM.S.

Ad esempio, sottraendo dalla media 2.326 deviazioni standard, si ottiene quel rendimento che lascia alla sua sinistra solo l’1% dei casi.

Supponiamo di voler calcolare il VAR giornaliero di un’azione. La deviazione standard giornaliera è pari al 2%. Per quanto riguarda il rendimento atteso possiamo assumere che, per un intervallo così breve, sia pari a zero.

Il VAR percentuale per il 99% di livello di confidenza viene ottenuto come:

dove T rappresenta il numero di periodi considerati.

Ci aspettiamo quindi che nel 99% dei casi la perdita in termini percentuali sia inferiore al 4.65%.

Se invece che il VAR in termini percentuali vogliamo un VAR in termini monetari dobbiamo moltiplicare il VAR% per il valore della posizione.

Se il valore della posizione è 1 milione di euro il VAR% giornaliero si traduce in un VAR in termini assoluti di 46500 euro.

Dunque, su una posizione di 1 milione, possiamo aspettarci che, nel 99% dei casi, la perdita giornaliera non eccederà i 46500 euro.

Il VAR ottenuto con questa metodologia, utilizzando solo la media e la deviazione standard della distribuzione, viene detto parametrico. Una misura del VAR può essere anche ottenuta attraverso l’analisi di dati storici o con simulazioni di Montecarlo.

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