La comprensione delle dinamiche dei rendimenti di lungo periodo assume una rilevanza fondamentale per comprendere la storia, il contesto e le potenzialità dei mercati in cui si sta investendo. In questo ambito entrano in gioco molte variabili: che tipo di intervalli temporali considerare, guardare alla media aritmetica dei rendimenti o a quella geometrica, tenere o meno conto dell’inflazione, ecc.
Ai fini della nostra analisi, prendiamo la serie storica dell’indice S&P 500 dal 1926 ad oggi. Lo S&P 500 rappresenta le 500 società statunitensi a maggiore capitalizzazione. Costituisce oggi, probabilmente, la più importante misura della performance del mercato azionario americano e funge da benchmark per quasi 8 mila miliardi di dollari di assets in tutto il mondo.
Annualizzare il rendimento
Il rendimento di un investimento è dato dalla variazione percentuale del suo valore nel corso di un determinato periodo di tempo. Supponiamo di investire 100 euro e di ritrovarci sul conto 120 euro dopo due anni. Il rendimento è pari alla variazione percentuale del valore secondo la formula Rendimento=(valore finale – valore iniziale)/valore iniziale, quindi (120-100)/100=20/100=20%.
Naturalmente il risultato dipende in misura sostanziale dal tempo per il quale l’investimento stesso viene detenuto.
Per rendere confrontabili rendimenti ottenuti su periodi diversi questi vanno riportati a una base comune, in genere l’anno. Vi sono due metodi per ottenere un rendimento annuo. Il primo consiste nel fare una semplice media aritmetica dei rendimenti. Nel caso dell’esempio precedente, un rendimento del 20% in un periodo di due anni, il rendimento annuale risulta essere pari al 10%.
Il secondo metodo ipotizza il reinvestimento del capitale su base annuale. Dunque il rendimento del primo anno viene reinvestito nell’anno successivo e produce a sua volta un guadagno. In questo caso il rendimento annuale dell’esempio precedente è pari approssimativamente al 9.54%. Vediamo perché:
Anno 1: 100 + (100*9.54%)=109.54
Anno 2: 109.5 + (109.54*9.54%)=119.99
Il rendimento annualizzato ottenuto con questo secondo metodo viene detto CAGR (Compound Annual Growth Rate) e corrisponde alla media geometrica dei rendimenti. E’ calcolato come (Valore finale/Valore iniziale)^(1/num anni) -1. Questo costituisce il rendimento effettivamente percepito dall’investitore ed è il metodo corretto per calcolare i rendimenti annualizzati.
Considerare una semplice media aritmetica dei rendimenti annuali può portare a risultati fuorvianti e un investitore dovrebbe diffidare da chi gli propone un investimento mostrando i rendimenti medi.
Supponiamo un investimento in cui il primo anno perdo il 50% e il secondo anno guadagno il 50%. Verrebbe da pensare che sono in pareggio visto che il rendimento medio del mio investimento è pari a 0. In realtà non è così; se ho investito 100 euro, alla fine dei due anni mi ritrovo con con 75 euro con una perdita totale del 25% per un rendimento annualizzato (CAGR) di -13.45%.
Anno 1: 100+(100*-50%)= 100*(1-0.50%)= 50
Anno 2 = 50 + (50*+50%) = 50*(1+50%)= 75
Il problema del rendimento medio in questo caso è che non considera che nel secondo anno si parte da una base minore su cui calcolare il guadagno. Se un investimento scende del 50% (da 100 a 50 nel nostro caso) il secondo anno dovrà far segnare un +100% per ritornare al punto di partenza (50+ 100%*50=100). Utilizzare una media aritmetica va bene per eventi che sono indipendenti tra loro ma non nel nostro caso in quanto il rendimento in un determinato anno definisce il capitale sul quale si calcola il guadagno o la perdita nell’anno successivo. E’ per questo che è necessario guardare alla media geometrica dei rendimenti.
Il CAGR diminuisce all’aumentare della volatilità dei rendimenti. Se consideriamo una perdita nel primo anno del 25% e un guadagno nel secondo anno del 25%, dunque una minore volatilità rispetto all’esempio precedente, il rendimento medio resta invariato a 0% mentre il CAGR migliora a -3.2%.
Anno 1: 100+100*-25%= 100*(1-0.25%)= 75
>Anno 2 = 75 + 75*25% = 75*(1+25%)= 93.75
Cagr= – 3.2%
Un aspetto spesso poco noto all’investitore, ma che è bene tenere a mente, è che dopo una perdita sarà necessario un guadagno percentualmente superiore per tornare in pareggio visto che il rendimento positivo viene calcolato su una base minore.

Dal 1926 ad oggi il rendimento medio (media aritmetica) dello S&P 500 è stato 11.70% mentre il CAGR (media geometrica) il 9.80%. Questo è solo un ipotetico tasso costante che avrebbe prodotto la stessa crescita di un dollaro investito nel corso del tempo rispetto a quello che si è verificato in realtà. I rendimenti effettivamente registrati nel corso degli anni hanno oscillato molto intorno a questo ipotetico tasso medio.

Il periodo di riferimento
La possibilità di realizzare una perdita sul proprio investimento dipende in misura sostanziale dall’orizzonte temporale per cui l’investimento stesso è detenuto.
Se avessi comprato l’indice e lo avessi tenuto solo per un anno avrei avuto dei risultati molto dispersi rispetto alla media dei rendimenti (si va dal -44% del 1931 al + 52% del 1954), mentre con l’allungarsi del periodo di detenzione dell’investimento i rendimenti annui ottenibili tendono a convergere verso la media. Investendo per 15 anni, nella più sfortunata delle ipotesi, avrei ottenuto lo 0.40% annualizzato, nella migliore delle ipotesi il 18.90%. Considerando un periodo di 30 anni il minimo rendimento annuo sarebbe stato 7.97% e il massimo 13.63.

Se si considera un intervallo annuale, il 73% delle volte i rendimenti sono stati positivi, il 27% negativi, per un intervallo di 5 anni l’86% negativi e il 14% positivi, per un intervallo di 10 anni il 94% positivi e il 6% negativi. Per intervalli di 15 anni tutti i periodi sono stati positivi.
Price Return vs Total Return
Dobbiamo anche valutare se considerare solo la variazione del valore dell’indice o anche i dividendi.
Supponiamo di investire ad un prezzo di 100. Se dopo un anno il prezzo è 110 e ho incassato anche 10 di dividendi, il rendimento totale sarà dato da (110+10)/100 -1= 20%. Se consideriamo solo il prezzo dello S&P 500, un dollaro investito nel 1926 varrebbe 153 dollari oggi ma se includiamo anche i dividendi, assumendo che questi vengano sempre reinvestiti nell’indice, un dollaro del 1926 varrebbe 4480 dollari a fine 2015!! Il rendimento che tiene conto anche dei dividendi percepiti si dice total return.
Rendimento nominale vs rendimento reale
I rendimenti che abbiamo considerato fino ad ora non tengono conto dell’erosione del valore reale dell’investimento da parte dell’inflazione e si dicono rendimenti nominali. Il tasso di rendimento che tiene invece conto dell’effetto dell’inflazione si dice reale. Intuitivamente, questo è dato dal rendimento nominale al netto del tasso di inflazione. Una più corretta formulazione, che tiene conto dell’effetto della capitalizzazione, è la seguente: Rendimento reale = (1+ rendimento nominale)/(1+tasso di inflazione) – 1. Il rendimento reale dello S&P 500 dal 1926 a oggi è stato del 6.70%, dunque un rendimento di tutto rispetto anche al netto dell’inflazione. Il valore reale di un dollaro investito nel 1926 sarebbe oggi di 343 dollari.
Al termine di questa breve nota appare opportuno sottolineare che l’analisi storica dell’andamento di un determinato investimento è utile per inquadrarne le dinamiche attuali all’interno di un contesto di lungo periodo ma non costituisce una garanzia riguardo al fatto che quanto avvenuto in passato debba ripetersi in futuro.